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[St. 47-50] libro ii. canto xxv 429

47 Contra di lui, di là dal Po nel piano,
     Eran Boemi ed ogni gibillino,
     Con quel crudel che il nome ha di Romano,
     Ma da Trivisi il perfido Azolino,
     Che non se crede che de patre umano,
     Ma de lo inferno sia quello assassino;
     Ben chiariva la istoria il suo gran storno,
     Chè ha dame occise e fanciullini intorno.

48 Undeci millia Padovani al foco
     Posti avea insieme il maledetto cane,
     Che non se odì più dire in alcun loco
     Tra barbariche gente o italïane;
     Poi se vedeva là nel muro un poco
     Con le sue insegne e con bandiere istrane
     Di Federico imperator secondo,
     Che la Chiesa de Dio vôl tor del mondo.

49 Di là le sante chiave, e in sue diffese
     L’acquila bianca nel campo cilestro,
     E quivi eran depente le contese
     E la battaglia di quel passo alpestro;
     Ed Azolin se vedia là palese,
     Passato di saetta il piè sinestro
     E ferito di mazza nella testa,
     E’ soi sconfitti e rotti alla foresta.

50 E la faccia seconda era finita
     De la gran loggia con lavor cotale.
     Ma ne la terza è lunga istoria ordita
     De una persona sopranaturale,
     Sì vaga nello aspetto e sì polita,
     Che non ebbe quel tempo un’altra tale;
     Tra zigli e rose e fioretti d’aprile
     Stava coperta la anima gentile.