[St. 31-34] |
libro ii. canto xxv |
425 |
Col brando in mano il gran gigante affronta,
E se accomanda alla virtù soprana;
Ma quel mena del drago a prima gionta,
E di novo il distese a terra piana.1
Già Brandimarte avea tratto una ponta,
E passato l’avea più de una spana;
Avendo l’uno e l’altro il colpo fatto,
Quasi alla terra se ne andarno a un tratto.
Ma quel serpente fece capo umano,
Sì come proprio avea prima il gigante,2
E collo e petto e busto e braccie e mano
E insieme l’altre membre tutte quante;
E quel gigante venne un drago istrano,
Proprio come questo altro era davante,
E, sì come era per terra disteso,
Fo dal gigante per la coda preso.
E verso Brandimarte torna ancora
Menando, come il primo fatto avia;
Lui, che levato fu senza dimora,
Già di tal cosa non se sbigotia,
Anci menando del brando lavora,
Dando e cogliendo colpi tuttavia;
Tanto animoso e fiero è Brandimarte!
Ferito ha già il gigante in quattro parte.
A benchè anco esso pisto e percosso era,
Tanto il feriva spesso il maledetto;
E la battaglia assai fo lunga e fiera;3
Ma, per venire in ultimo allo effetto,
Brandimarte lo agionse de Tranchera,
E tutto lo divise insino al petto,
Onde se fece drago incontinente,
E fo gigante quel che era serpente.
- ↑ P. in terra.
- ↑ T., Ml. e P. omm. in.
- ↑ P. assai più.