[St. 15-18] |
libro ii. canto xxv |
421 |
Quando in Provencia gli occise il destriero
E fece di sua gente tal ruina.
Ora di vendicarse ha nel pensiero,
E di cercarlo mai non se rafina.
Sprezando sempre ogni altro cavalliero,
Via passa per la gente saracina,
Nè par pur che di lor se accorga apena,
Benchè de intorno sempre il brando mena.
Pur Archidante, il conte de Sanguinto,
Et Olivalto, il sir de Cartagena,1
L’un pose morto a terra, e l’altro vinto,
Perchè de intorno gli donavan pena;
Ad Olivalto nel scudo depinto
Una aspra ponta la donzella mena,
E spezzò quello usbergo come un vetro;2
Ben più de un palmo gli passò di dietro.
Questo abandona e mena ad Archidante
Ad ambe man, sì come era adirata,
E ne la fronte li gionse davante:
Per sua ventura se voltò la spata;
E lui cadendo a su volta le piante3
E rimase stordito ne la strata.
La dama non ne cura e in terra il lassa,
E ruïnando via tra gli altri passa.
E mena in volta le schiere pagane,
Facendo deleguare or quelle, or queste;
Ove ella corre, il segno vi rimane
E fa le strate a tutti manifeste,
Che restan piene di piedi e di mane,
Di gambe e busti e di braccie e di teste;
E la sua gente, che alle spalle mena,
È di gran sangue caricata e piena.
- ↑ T. e Mr. Oliviero; Ml. Olivero.
- ↑ T. e Ml. spezzo.
- ↑ T., Ml. e P. voltò.