420 |
orlando innamorato |
[St. 11-14] |
Lo elmo de Almonte, che tanto fu fino,
Ben campò alora Orlando dalla morte,
Avenga che a quel colpo il paladino
Del morir corse fino in su le porte;1
Di man gli cadde il bon brando acciarino,
Ma la catena al braccio il tiene forte:2
Fuor delle staffe ha i piedi, e ad ogni mano
Spesso se piega per cadere al piano.
La gente che de intorno era a guardare,
Et avea de tal colpi assai che dire,
Subitamente cominciò a cridare:
Aiuto! aiuto! e poi prese a fuggire;
Perchè, avendosi indietro a riguardare,
Gran schiere sopra a lor vidder venire,
E questo era Gualtier da Monlïone
E Bradamante, la figlia de Amone.
Eran costor fuor dello aguaito usciti,
Sì come avea commesso Carlo Mano:
Ben diece millia cavallieri arditi,
Che avuto impaccio quel giorno non hano.
Per questo i Saracin son sbigotiti,
Ciascuno a più poter spazza quel piano;
E ben presto spaciarsi gli bisogna,3
Sì Bradamante a lor gratta la rogna.
Avanti a gli altri la donzella fiera
Più de un’arcata va per la pianura,
Tanto robesta e sì superba in ciera,
Che solo a riguardarla era paura;
Là quel stendardo, e qua questa bandiera
Gietta per terra, e de altro non ha cura
Che di trovare al campo Rodamonte,
Chè del passato se ramenta l’onte,
- ↑ P. corresse del morir in; Ml. Corse de morir; Mr. Corse de il m.
- ↑ Ml. e Mr. tene; P. tenne.
- ↑ Ml. e Mr. spaciar se gli.