[St. 39-42] |
libro ii. canto ii |
33 |
Questo è il mar del Baccù, se nol sapeti.
Dove è il palagio adesso e ’l bel giardino,
Era un gran bosco, ben folto de abeti,
Dove un gigante, che era malandrino,
Stava nel ponte che là giù vedeti;
Nè mai passava per questo confino
Una donzella o cavalliero errante,1
Che lor non fusse occisi dal gigante.2
Ma Poliferno fu bon cavalliero,
E da poi fatto re per suo valore,
Occise quel gigante tanto fiero;
Tagliò poi tutto il bosco a gran furore,
Dove fece piantar questo verziero,
Per fare a ciascadun che passi, onore.
Ciò vedreti esser ver, come io vi dico;
Al ponte anco ha mutato il nome antico.
Chè ’l Ponte Periglioso era chiamato,
Or dalle Rose al presente si chiama:
Et è così provisto et ordinato,
Che ciascun cavalliero et ogni dama,
Quivi passando, sia molto onorato,
Acciò che se oda nel mondo la fama
Di quel bon cavallier, che è sì cortese
Che merta lodo in ciascadun paese.
Là non potreti adunque voi passare,
Se non giurati, a la vostra leanza,
Per una notte quivi riposare;
Sì ch’io ve invito a prender qui la stanza,
Prima che indrieto abbiati a ritornare.
Disse Grifon: Questa cortese usanza
Da me, per la mia fè, non serà guasta,
Se ’l mio germano a questo non contrasta.
- ↑ P. Nulla onzella.
- ↑ T. e Mr. occiso.