[St. 7-10] |
libro ii. canto xxv |
419 |
Re Rodamonte, il quale ardea de andare
Ove era il re Marsilio e Feraguto,
Temendo forse che per dimorare
Giongesse dapoi tardo a dargli aiuto,
Ad ambe mano un colpo lascia andare,1
E tocca nel cantone in cima al scuto;
Per lungo il fende a l’altra ponta bassa,2
Gionge a l’arcion e tutto lo fraccassa.
Quando se avidde di quel colpo Orlando,
Turbato d’altro, forte disdegnoso,3
Ira sopra ira più multiplicando,
Lascia a due mano un colpo tenebroso;
Gionse nel scudo il furïoso brando,
E più di mezo il manda al prato erboso,4
Nè pone indugia e tira un gran roverso,
E nel guanciale il gionse di traverso.
Fo il colpo orrendo tanto e smisurato,5
Che trasse di se stesso quel pagano,
E fo per trabuccar da l’altro lato,
E da la briglia abandona la mano.6
Il brando che nel braccio avea legato,
Tirando drieto trasinava al piano,
E sì gli avea ogni lena il colpo tolta,
Che per cader fo assai più che una volta.
Poi che fu il spirto e l’anima venuta,
Ne la sua vita mai fu tanto orribile;
Di presto vendicarse ben se aiuta:
Mena ad Orlando un gran colpo e terribile,
Qual dileguò in tal modo la barbuta,
Che via per l’aria ne volò invisibile,
Più trita e più minuta che l’arena;
Che ormai sia al mondo, non mi credo apena.
- ↑ Mr. mane; Ml. man.
- ↑ T. fende e l’altra. Ml. abassa.
- ↑ T., Ml. e P. forte e.
- ↑ Mr. omm. E.
- ↑ T. e Ml. horrendo tanto.
- ↑ P. abbandonò.