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416 | orlando innamorato | [St. 63-66] |
Incontinente lascia Salamone,
Quel di Bertagna, che era rimontato;
E mal per lui, però che nel gallone
E in faccia Rodamonte l’ha piagato;
E già lo trabuccava de lo arcione,
Che tutto il mondo non lo avria campato,
Quando quel messo ch’io dissi, giongìa;
Lui lascia Salamone e tira via.
Ne lo andar trovò il duca Guielmino,1
Sir de Orlïense, de gesta reale;
Insino ai denti il parte il saracino,
Chè la barbuta, o l’elmo non vi vale.
Quanto più andando avanza del camino,
Più gente urta per terra e fa più male;
Ovunque passa quel pagano ardito,2
Qual morto abatte e qual forte ferito.
Missere Ottino, il conte di Tolosa,
E il bon Tebaldo, duca di Borbone,
Per terra abatte in pena dolorosa,
E, via passando con destruzïone,
Trovò la terra tutta sanguinosa,
E un monte de destrieri e di persone,
L’un sopra a l’altro morti e dissipati:
Il conte è quel che gli ha sì mal menati.
Quivi le strida e il gran lamento e il pianto
Sono a quel loco ove se trova Orlando,3
Quale era sanguinoso tutto quanto,
E mena intorno con ruina il brando.
Ma già finito nel presente è il canto,
Che non me ne ero accorto ragionando;
Segue lo assalto di spavento pieno,
Qual fo tra il conte e il figlio de Ulïeno.