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412 orlando innamorato [St. 47-50]

47 Ranaldo gionse in fronte a Feraguto,
     E se non era quello elmo affatato,
     Lo avria fiaccato in pezzi sì minuto,
     Che ne l’arena non se avria trovato.
     Callò Fusberta e giù colse nel scuto,
     Che era di nerbo e di piastra ferrato;
     Tutto lo spezza e tocca ne lo arcione:
     Mai non se vidde tal destruzïone.

48 E ben responde il saracino al gioco,
     Ferendo a lui ne lo elmo di Mambrino,
     E quel se divampava a fiamma e foco,
     Ma nol puote attaccar, cotanto è fino.
     Il scudo fraccassò proprio a quel loco
     Che a lui avea fiaccato il paladino,
     E gionse ne lo arcione a gran tempesta:
     Più de tre quarti en porta a la foresta.

49 Nè pone indugia, chè un altro ne mena,
     E gionse pur ne lo elmo di traverso.
     Pensàti se egli avea soperchia lena:
     Quasi Ranaldo a terra andò roverso,
     E se sostenne con fatica e pena;
     La vista aveva e lo intelletto perso.
     Baiardo il porta e nel corso se serra,
     Ciascun che ’l guarda, dice: - Eccolo in terra! -

50 Ma pur rivenne, e veggendo il periglio
     A che era stato e la vergogna tanta,
     Tutto nel viso divenne vermiglio
     Dicendo: - Un Saracin di me si vanta?
     Ma se mo mo vendetta non ne piglio,
     La vita vo’ lasciarvi tutta quanta,
     E l’anima allo inferno e il corpo a’ cani,
     Se mai de ciò se vanta tra’ Pagani. -