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orlando innamorato |
[St. 39-42] |
Questo era il conte de Alva, Paricone:
Ranaldo lo tagliò tutto a traverso
E prestamente prese il suo ronzone.1
Però che quel de Carlo era già perso;
E tanto se sostenne il fio de Amone,
Dando e togliendo in quel stormo diverso,
Che a mal dispetto de ciascun pagano
Sopra al destrier salì re Carlo Mano.
Nè bisognava che fosse più tardo,
Perchè non era apena in su la sella,
Che Feraguto, il saracin gagliardo,
E ’l re Marsilio gionse proprio in quella.2
Venian quei duo pagan senza riguardo,
Ciascaduno a due man tocca e martella;
Come tra gente rotta e dissipata,
Venian ferendo a briglia abandonata.3
La nostra gente avante a lor non resta,
Ma fugge in rotta, piena di spavento;
Chi avia frappato il viso, e chi la testa:
Non fu veduto mai tanto lamento.
Ma quando Carlo e i baron di sua gesta
Al campo se voltâr con ardimento,
Et apparbe Ranaldo in su Baiardo,
Chi più fuggiva, più tornò gagliardo.
Suonâr le trombe e il crido se rinova,
E la battaglia più s’accende e aviva.
Ciascuno intorno a Carlo se ritrova,
Nè mostra de esser quel che mo fuggiva,
Anci per amendar pone ogni prova.
Marsilio, che sì ratto ne veniva,
E Feraguto ancor da l’altro canto,
A ciò mirando, se affermarno alquanto.
- ↑ Ml. prese prest.; Mr. omm. prese.
- ↑ Ml. agionse.
- ↑ Ml. foriando; T. e Mr. ferrendo. — T., Ml. e P. affermarno.