[St. 19-22] |
libro ii. canto xxiv |
405 |
Tra le parole una grossa asta aresta,
Sempre chiamando a Dio del celo aiuto,
E, dove è la battaglia e più tempesta,
Sprona il destriero e scontra Feraguto.
Proprio alla vista il gionse nella testa,
Poco mancò che non fosse caduto;
Ma tal possanza avea il crudo barone,
Che se mantiene a forza ne l’arcione.1
La lancia volò in pezzi con romore,
E Feraguto, che il colpo avea preso,
Qual mai pigliato non avea il maggiore,
Se rivoltò, de furia e de ira acceso;
Gionse ne l’elmo al franco imperatore,
E sopra al prato lo mandò disteso.
Ciascun che ’l vidde, crede che ’l sia morto:
Bene hanno e’ nostri e cruccio e disconforto.
Ma sopra agli altri il franco Balduino,
Benchè sia nato de la falsa gesta,
Forte piangendo se chiama tapino,
E via correndo di cercar non resta
Per ritrovare Orlando paladino.
Ugetto di Dardona ancora in questa2
Veggendo il fatto se partì di saldo,
E va correndo per trovar Ranaldo.
Ma il re Marsilio intrò nella battaglia,
Suonando trombe e corni e tamburini,
E tanto è il crido de la gran canaglia,
Che par che ne lo abisso il cel ruini.
La nostra gente tutta se sbaraglia,
Perchè adosso gli sono i Saracini,
Che gli tagliano tutti a pezzi e a fetta:
Chi può fuggir, nel campo non aspetta.
- ↑ Ml. se tene; Mr. mantene; P. mantenne.
- ↑ T., Ml. e Mr. Dardona.