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orlando innamorato |
[St. 63-66] |
Sì come io dico, è re de Andologia
Quel Maradasso che il struccio portava.
Per tutto il campo Orlando lo seguia,
Ma per nïente lui non lo aspettava;
Onde cacciosse tra l’altra genia.
Chi contarebbe e’ colpi che menava?
Questo ha per largo e quel per lungo aperto:
Dal capo al piè di sangue era coperto.
Nè già Ranaldo fa minor roina
Ove si trova con Fusberta in mano,
Chè intrato è tra la gente saracina,
E tutta in pezzi la distende al piano;
Menar Fusberta mai non se raffina.
Ora ecco ha visto il forte Marigano,
Qual, come io dissi, è conte de Girona;
Sopra di lui Ranaldo se abandona.
Et ebbel gionto in testa con Fusberta,
E fraccassò il cimiero e il bacinetto;
La fronte e la gran barba gli ebbe aperta,
E callò il brando insino a mezo il petto.
Fugge allo inferno la anima diserta,
Rimase in terra il corpo maledetto.
Quivi lo lascia il paladin gagliardo
E dietro in caccia è posto ad Alanardo,
Conte Alanardo, quel barcelonese.
Ranaldo non gli pone differenza;
O sia de l’uno o de l’altro paese,
Tutti gli mena al pare a una semenza.1
Questo stordito per terra distese;
Poi Dorifebo, che era di Valenza,
Abatte al campo sì de un colpo crudo,2
Rotto avia l’elmo e fraccassato il scudo.
- ↑ P. pare e a.
- ↑ Ml. e P. campo de u. c. sì.