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orlando innamorato |
[St. 39-42] |
Quando Grandonio se vidde abattuto,
Non dimandati se rodea la brena;
Presto ricciato rembracciava il scuto,
E mena il brando, e non è dritto apena;
Ma il conte Gano, che stava aveduto,
Volta il destriero e le calcagna mena;
Ma il re Grandonio afferra il suo ronzone,
Rimette il brando e salta nello arcione.
Poi che salito fu sopra al destriero,
Tra la gran folta col brando se caccia;
Mai non fu Saracin cotanto fiero:
Questo abatte per terra e quello amaccia.
Ecco raggionto il marchese Oliviero,
Che avea ferito Falcirone in faccia,
E spezzato gli ha l’elmo e rotto il scuto,
Quando gionse Grandonio a darli aiuto.
Gionse Grandonio, e ben gli bisognava,
Chè non potea durar lunga stagione;
Presto Oliviero a questo se voltava,
Lasciando mezo morto Falcirone.
Or l’uno e l’altro gran colpi menava;
Benchè più forte sia quel can fellone,1
Era Olivier di lui poi più maestro,
Ma molto accorto e più legiero e destro.2
Menò Grandonio un colpo a quel marchese,
E nel fondo del scudo agionse al basso,
Qual ponto nol coperse nè diffese,
Ma tutto se fiaccò con gran fraccasso,
E passò il brando et arivò allo arnese:
Se egli avea forza, a voi pensar vi lasso.
Poco prese la coscia, e nello arcione
Via passò il brando e gionse ’l bon ronzone.
- ↑ T. più forse.
- ↑ Ml. e Mr. Molto acorto; P. molto più.