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390 orlando innamorato [St. 39-42]

39 Quando Grandonio se vidde abattuto,
     Non dimandati se rodea la brena;
     Presto ricciato rembracciava il scuto,
     E mena il brando, e non è dritto apena;
     Ma il conte Gano, che stava aveduto,
     Volta il destriero e le calcagna mena;
     Ma il re Grandonio afferra il suo ronzone,
     Rimette il brando e salta nello arcione.

40 Poi che salito fu sopra al destriero,
     Tra la gran folta col brando se caccia;
     Mai non fu Saracin cotanto fiero:
     Questo abatte per terra e quello amaccia.
     Ecco raggionto il marchese Oliviero,
     Che avea ferito Falcirone in faccia,
     E spezzato gli ha l’elmo e rotto il scuto,
     Quando gionse Grandonio a darli aiuto.

41 Gionse Grandonio, e ben gli bisognava,
     Chè non potea durar lunga stagione;
     Presto Oliviero a questo se voltava,
     Lasciando mezo morto Falcirone.
     Or l’uno e l’altro gran colpi menava;
     Benchè più forte sia quel can fellone,
     Era Olivier di lui poi più maestro,
     Ma molto accorto e più legiero e destro.

42 Menò Grandonio un colpo a quel marchese,
     E nel fondo del scudo agionse al basso,
     Qual ponto nol coperse nè diffese,
     Ma tutto se fiaccò con gran fraccasso,
     E passò il brando ed arivò allo arnese:
     Se egli avea forza, a voi pensar vi lasso.
     Poco prese la coscia, e nello arcione
     Via passò il brando e gionse ’l bon ronzone.

22. T. più forse. — 24. MI. e Mr. Molto acorto ; P. 3Tolto più.