[St. 23-26] |
libro ii. canto ii |
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Esso ferisce di ponta e di taglio,
Ma questo è nulla, chè ogni colpo è perso,
E tal ferire a quel non noce uno aglio.
Mosse alto crido quello omo diverso,1
E via tra’ il suo bastone a gran sbaraglio
Contra a Ranaldo, e gionselo a traverso,
E tutto gli fraccassa in braccio il scudo:
Cade Ranaldo per quel colpo crudo.2
A benchè in terra fo caduto apena,
Che salta in piedi e già non se sconforta;
Ma quel feroce, che ha cotanta lena,
Prendelo in braccio e verso il lago il porta.3
Ranaldo quanto può ben se dimena,
Ma nel presente sua virtute è morta:
Tanto di forza quel crudel l’avanza,
Che de spiccarsi mai non ha possanza.4
Correndo quel superbo al lago viene,
E come gli altri il vol gioso buttare;
A lui Ranaldo ben stretto si tiene,
Nè quel si può da sè ponto spiccare.
Cridò il crudel: Così far si conviene!
Con esso in braccio giù se lascia andare;
Con Ranaldo abracciato il furïoso
Cadde nel lago al fondo tenebroso.
Nè vi crediati che faccian ritorno,
Chè quivi non vale arte di notare,
Perchè ciascuno avea tante arme intorno,
Che avrian fatto mille altri profondare.5
Astolfo, ciò vedendo, ebbe tal scorno,
Che è come morto e non scia che si fare.
Perso Ranaldo et affocato il vede,
Nè, ancor vedendo, in tutto bene il crede.
- ↑ T. e Mr. altro crido.
- ↑ Ml. Cadde
- ↑ Ml. e T. lago porta.
- ↑ T. e Mr. despiccarsi.
- ↑ T. e Ml. avrian.