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[St. 51-54] | libro ii. canto xxii | 377 |
51 Venìa davanti agli altri Draginazza,
Che avea le corne a l’elmo per insegna;
Questo di rado a vil gente se abbrazza:
Tra gli superbi alle gran corte regna.
La lancia ha col pennone e spada e mazza,
Ma di portare il scudo se disdegna.
Questo si serra adosso a Rodamonte,
E con la lancia il gionse ne la fronte.
52 Avea la lancia il fer tutto di foco,
Che entrò alla vista ed arse ambe le ciglia:
E questo mosse Rodamonte un poco,
Perchè ebbe di tal fatto meraviglia;
Ma urtò il ronzon cridando: - Aspetta un poco,
Giotton, giotton, chè tua faccia somiglia
Proprio al demonio mirandoti apresso,
E certamente io credo che sei desso. -
53 Al fin de le parole il brando mena,
Come colui che avea forza soprana,
E fu il gran colpo de cotanta lena,
Che dentro lo passò più d’una spana,
E dette a Draginazza una gran pena,
Benchè il passasse come cosa vana;
Ma gli altri maledetti gli èno adosso
Con tanta furia, che contar nol posso.
54 E lui per questo non è meno ardito,
Non ve pensati che ’l dimandi aiuto;
Or questo or quel demonio avea colpito:
Già se pente ciascun d’esser venuto,
E Draginazza via ne era fuggito:
Ma molti sono adosso a Feraguto,
E sopra a tutti un gran dïavolone,
E questo è Malagriffa dal rampone.
3. T. abbraccia. — 8. Mr. omm. »7. — 13. P. destrier. — 30. T. e MI.
molto.