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orlando innamorato |
[St. 47-50] |
Costui, da Malagise adimandato,
Gli disse il nome e lo esser de’ baroni;
Là dove il negromante ebbe pensato1
Pigliarli entrambi et averli pregioni.
Tutti e demonii richiamò nel prato
In forma de guerreri e de ronzoni,
Mostrando in vista più de mille schiere,
Con cimeri alti e lancie e con bandiere.
Lui da una parte, da l’altra Viviano2
Uscirno di quel bosco a gran furore.
Diceva Feraguto: — Odi, germano,
Ch’io non sentitte mai tanto rumore!
Questo è veramente Carlo Mano.
Or bisogna mostrar nostro valore;
Abench’io voglia te sempre obedire,
Per tutto il mondo non voria fuggire.
— Come fuggir? rispose Rodamonte
— Hai tu di me cotale opinïone?
Senza te solo io vo’ bastare a fronte3
A tutti e cristïani e al re Carlone,
E alle gente di Spagna sieco aggionte.
Se sopra il campo vi fosse Macone
E tutto il paradiso con lo inferno,
Non me farian fuggire in sempiterno.
Mentre che e duo baron stavano in questa,
Ragionando tra lor con cotal detti,
E Malagise uscì de la foresta,
Già non stimando mai che alcun lo aspetti,
Però che sieco avea cotal tempesta
De urli e de cridi da quei maledetti,
Che sotto gli tremava il campo duro:
De lor fiatare è fatto il celo oscuro.4
- ↑ P. e’ ha pensato.
- ↑ T. e Ml. omm. e.
- ↑ Ml. voglio stare a.
- ↑ T. e Ml. Dal.