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[St. 15-18] libro ii. canto ii 27

         Di là dal ponte è la torre fondata,
     In mezo a un prato de cipresso pieno;1
     Il fiume oltra quel campo se dilata
     Nel lago largo un miglio, o poco meno.
     Quivi era presa quella sventurata,
     Ch’empiva di lamenti il cel sereno;
     Tutta era sangue quella meschinella,
     E quel crudele ognior più la flagella.

         A piede stassi armato il furïoso:
     Dalla sinistra ha di ferro un bastone,
     Il flagello alla dextra sanguinoso;
     Batte la dama fuor de ogni ragione.
     Iroldo di natura era pietoso;
     Ebbe di quella tal compassïone,
     Che licenzia a Ranaldo non richiede,
     Ma presto smonta et entra il ponte a piede,

         Perchè a destrier non se puote passare,
     Come io ve ho detto, per quella ferrata.
     Quando il crudele al ponte il vide entrare,
     Lascia la dama al cipresso legata.
     Il suo baston di ferro ebbe a impugnare,2
     E qui fo la battaglia incominciata;
     Ma durò poco, perchè quel fellone
     Percosse Iroldo in testa del bastone;

         E come morto in terra se distese,
     Sì grande fu la botta maledetta.
     Quello aspro saracino in braccio il prese,
     E via correndo va come saetta,
     Et in presenzia a gli altri lì palese
     Come era armato dentro il lago il getta.
     Col capo gioso andò il barone adorno:
     Pensati che già su non fie’ ritorno.

  1. P. di cipressi.
  2. P. E il.