354 |
orlando innamorato |
[St. 23-26] |
Il qual lasciai nel monte di Carena
Con tanti re meschiati a quel torniero,
E forte sospirando se dimena,
Perchè abattuto al campo l’ha Rugiero;
Et esso ancora stava in maggior pena,
Chè era ferito il giovanetto fiero:
La cosa già narrai tutta per ponto,
Sì che ora taccio e più non la riconto.
E sol ritorno che, essendo ferito,
Come io vi dissi, il giovenetto a torto
Da Bardulasto, qual l’avea tradito,1
Benchè da lui fu poi nel bosco morto,
Nascosamente si fu dipartito,
Nè alcun vi fu di quel torniero accorto,
E gionse al sasso, sopra alla gran tana,
Ove è Atalante e ’l re de Tingitana.
Quando Atalante vidde il damigello
Sì crudelmente al fianco innaverato,
Parve esso al cor passato di coltello,
Cridando: Ahimè! che nulla me è giovato
Lo antivedere il tuo caso sì fello,
Benchè sì presto non l’avea stimato.
Ma il buon Rugier, facendo lieto viso,2
Quasi il rivolse da quel pianto in riso.
— Non pianger, non, dicea, nè dubitare,
Che, essendo medicato con ragione,
Sì come io so che tu saprai ben fare,
Non avrò morte, e poca passïone;
E peggio assai mi parve alor di stare
Quando occise nel monte quel leone,
E quando prese ancora l’elefante
Che tutto il petto mi squarciò davante.
- ↑ Ml. e P. qual l’.
- ↑ Ml. e Mr. il pro.