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orlando innamorato |
[St. 11-14] |
Ad una torre non quindi lontana
Dimora quel malvaso furibondo,
Di là da un ponte, sopra a una fiumana
Che poi fa un lago orribile e profondo.
Io là passava et una mia germana,
La più cortese dama che aggia il mondo;
E quel ribaldo del ponte discese,
La mia germana per le chiome prese,
Villanamente quella strascinando,
Sin che di là dal ponte fu venuto.
Io sol cridavo e piangia lamentando,
Nè gli puotea donare alcuno aiuto.
Lui per le braccia la venne legando
Al tronco de un cipresso alto e fronduto,
E poi spogliata l’ebbe tutta nuda,
Quella battendo con sembianza cruda.
Abondava alla dama sì gran pianto,
Che non puotea più oltra ragionare.
A tutti quei baron ne incresce tanto
Quanto mai si potrebbe imaginare;
E ciascadun di lor si dona vanto,
Sapendo il loco, de ella liberare,1
Et in conclusïone il duca anglese
A Rabicano in croppa quella prese.
E forse da due miglia han cavalcato,
Quando son gionti al ponte di quel fello.
Quel ponte per traverso era chiavato
De una ferrata, a guisa di castello,
Che arivava nel fiume a ciascun lato;
Nel mezo a ponto a ponto era un portello.
A piedi ivi si passa de legieri,
Ma per strettezza non vi va destrieri.