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[St. 35-38] | libro ii. canto xx | 341 |
35 Ed anco io l’ho compreso a quel ferire,
Che cresce nella fine a maggior lena,
E però ti consiglio a dipartire,
Prima che ne abbi più tormento e pena;
Omo non è che possa sostenire
A la battaglia e colpi che lui mena;
Onde lasciar la impresa ce bisogna,
Non ne volendo il danno e la vergogna. -
36 Diceva a lui Costanzo: - Or datti il core,
S’io faccio che colui ne vada via,
Poi de acquistare a nostra parte onore
E in campo mantenir l’insegna mia? -
Grifon rispose a lui, che per suo amore
Quel che potesse far, tutto faria;
E che egli aveva fermamente ardire
Contra ad ogni altro il campo mantenire.
37 Il Greco, che era di malizia pieno
(Come son tutti de arte e di natura),
Quando la luce al giorno venne meno,
Uscì de casa per la notte scura,
E via soletto sopra a un palafreno
Ove era Orlando di trovar procura,
E trovato che l’ebbe, queto queto
Lo trasse in parte e a lui parlò secreto;
38 E dimostrògli che il re Tibïano
Secretamente facea gente armare,
Perchè era gionto un messaggio di Gano,
Il qual cercava Orlando far pigliare;
Però, se egli era desso, a mano a mano
Vedesse quel paese disgombrare;
E perciò a ritrovarlo era venuto,
Per palesarli questo e dargli aiuto;
2. P. e nella fine ha. — IB. P. Contra d'ogni. - 24. T. e Mr. omm. e;
MI. et. — 80. P. Dovute.