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340 | orlando innamorato | [St. 31-34] |
31 Gionse Aquilante a Orlando nella fronte,
Sopra la croppa lo mandò roverso;
Ma ben rispose a quella posta il conte,
E lui ferì de un colpo sì diverso,
Che sua baldanza e quelle forze pronte
E l’animo e l’ardir tutto ebbe perso;
Di qua di là piegando ad ogni mano,
Le gambe aperse per cadere al piano.
32 E certamente ben serìa caduto,
Chè più non se reggea che un fanciullino,
Se non che Grifon gionse a darli aiuto,
Il quale avea lasciato Norandino.
Lasciato l’avea quasi per perduto,
Chè ormai non potea più quel saracino;
Ma per donare aiuto al suo germano
Lasciò Grifone andar quel sorïano.
33 E de giongere al conte se procura
Spronando a tutta briglia il suo ronzone.
Or qui si fece la battaglia dura
Più ch’altra mai de Orlando e de Grifone,
Qual durò sempre insino a notte oscura,
Nè se potea partir la questïone,
Sin che gli araldi con trombe d’intorno
Bandirno il campo insino a l’altro giorno.
34 Ciascun tornò la sera a sua masone,
E de’ fatti del giorno si favella.
Ora a Costanzo parlava Grifone
Dicendo: - Io so contarti una novella,
Che là su tra le dame, a quel verone,
Veder mi parve Angelica la bella;
E se ella è quella, io te dico di certo
Che Orlando è quel che quasi te ha deserto.
13, MI. Chnaria, — 29- T. e ^uel vurone; Mr. a quei r»