[St. 43-46] |
libro ii. canto xix |
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Però che questo è rotto e discucito;
Tu te ’l farai conciar poi per bell’agio.
E Brandimarte, quando l’ebbe odito,
Disse nel suo pensier: L’omo malvaggio
Non se può stor al male onde è nutrito;1
Nè di settembre, nè il mese di maggio,2
Nè a l’aria fredda, nè per la caldana
Se può dal fango mai distor la rana.
E senza altra risposta disdegnoso
Imbracciò il scudo et isfidò il ladrone;3
E fu questo altro assalto furïoso,
Spezzando e scudi et ogni guarnisone,
Et era l’uno e l’altro sanguinoso,
Crescendo ogniora più la questïone;
Nè più vi è di concordia parlamento,
Ma trarse a fine è tutto il lor talento.
Or Brandimarte afferra il brando nudo,
Chè destinato è di donarli il spaccio,4
E disserra a due mano un colpo crudo
Per il traverso adosso a Barigaccio,
E tagliò tutto con fraccasso il scudo,
Quale era de osso, e sotto a quello il braccio.
A quel gran colpo ogni arma venne manco,
E sino a mezo lo tagliò nel fianco.
Lui cadde a terra biastemando forte,
Et al demonio se racomandava,
E, benchè Brandimarte lo conforte,
Con più nequizia ognior se disperava;
Ma il cavallier non volse darli morte,
E così strangosciato lo lasciava,
Partendosi di qua senza dimora;
Ma lui moritte appresso in poco d’ora.
- ↑ Ml. stuor al mal; Mr. stare al m.; P. storre al male.
- ↑ T. magio.
- ↑ T. e Ml. et infido; Mr. et disfido.
- ↑ T. spasso.