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orlando innamorato |
[St. 39-42] |
Ma stu volessi lasciar quel mestiero,
Qual nel presente fai, di robbatore,
Vinto mi chiamo e son tuo cavalliero:
In ogni parte vo’ portarti onore.1
Or che farai? Hai tu forse pensiero
Che manchi giamai robba al tuo valore?
Lascia questo mestier: non dubitare,2
Chè a tal come sei tu, non può mancare.
Rispose il malandrin: Questo che io faccio,
Fallo anco al mondo ciascun gran signore;
E’ de’ nemici fanno in guerra istraccio,
Per agrandire e far stato maggiore.
Io solo a sette o dece dono impaccio,
E loro a dieci millia con furore;
Tanto ancora di me peggio essi fanno,
Togliendo quel del che mestier non hanno.3
Diceva Brandimarte: Egli è peccato
A tuor l’altrui, sì come al mondo se usa;
Ma pur quando se fa sol per il stato,
Non è quel male, et è degno di scusa.
Rispose il ladro: Meglio è perdonato
Quel fallo onde se stesso l’omo accusa;
Et io te dico e confessoti a pieno
Che ciò che io posso, toglio a chi può meno.4
Ma a te, qual tanto sai ben predicare,
Non voglio far di danno quanto io posso
Se quella dama che là vedo stare
Mi vôi donare e l’arme che hai indosso.
E ne la borsa te voglio cercare,
Chè io non me trovo di moneta un grosso;
Poi te lasciarò andar legiero e netto.
Ma voglio baratare anche il farsetto,
- ↑ P. E in.
- ↑ T. e Ml. Lascia questo m.
- ↑ T. del che; Ml. dil che.
- ↑ P. omm. io.