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orlando innamorato |
[St. 35-38] |
Il conte, entrato, gli vede a sedere
Ad una mensa che è posta tra loro,
E sopra quella da mangiare e bere,1
Con gran piatti d’argento e coppe d’oro.
Come ciò scorse Orlando, a più potere
Sprona il ronzon per giongere a costoro,
E ben seguìto lo tenean le dame,
Chè l’una più che l’altra ha sete e fame.
Via van trottando per giongere a cena,
Ma prestamente fia ciascuna sazia.
Or vanne il conte, e con faccia serena
A que’ ribaldi disse! Pro vi faccia.
Poi che fortuna a tale ora mi mena
In questo loco, prego che vi piacia
Per li nostri dinari, o in cortesia,2
Che siamo a cena vosco in compagnia.
Il re de’ Lestrigoni, Antropofàgo,3
Odendo le parole, levò il muso.
Questo avea gli occhi rossi come un drago,
E tutto di gran barba il viso chiuso;
De veder gente occisa è troppo vago,
Come colui che tutto il tempo era uso
Matina e sera di farne morire,
Per divorarli e il suo sangue sorbire.
Quando costui odì il conte parlare,
Veggendolo a destriero e bene armato,
Dubitò forse nol poter pigliare,
Onde li fece loco a sè da lato,
Pregando che volesse dismontare;
Ma il conte aveva già deliberato,
Se lo invitasse, de accettar lo invito,
Se non, pigliar da cena a ogni partito.
- ↑ P. quella è.
- ↑ Ml. e Mr. danari.
- ↑ T., Ml. e Mr. Listrigona.