[St. 31-34] |
libro ii. canto xviii |
307 |
E Brandimarte, che l’avea seguito
Cacciando a tutta briglia il suo destriero,
Dapoi che vide ch’egli era fuggito
E che a pigliarlo non era mestiero,
Guardando al prato dove era partito
Non vi sa più tornare il cavalliero,
Perchè la notte che ha scacciato il giorno
Avea oscurato per tutto d’intorno.
Intrato adunque per la selva alquanto,
E non sapendo mai di quella uscire,
Smontò di sella e trassese da un canto,
Sopra alle fronde se pose a dormire;
Ma rotto li fo il sonno da un gran pianto,
Qual quindi presso li parve de odire,1
E sembrava la voce de una dama,
Che a Dio mercede lacrimando chiama.
Chi sia la dama qual mena tal guai,
Poi udiriti stando ad ascoltare.2
Ma sia de Brandimarte detto assai,
Chè al conte Orlando mi convien tornare,
Il qual, partito come io vi contai,3
Verso Ponente prese a caminare,
Nè passato era avanti oltre a sei miglia,
Che ebbe travaglia e pena a meraviglia.
Però che, intrato essendo in duo valloni,
Chinandosi già il sole in ver la sera,
Trovò sopra a que’ sassi e’ Lestrigioni,4
Gente crudele e dispietata e fiera.
Costoro han denti et ungie de leoni,
Poi son come gli altri omini alla ciera,
Grandi e barbuti e con naso di spana:
Bevono il sangue e mangian carne umana.
- ↑ Ml. e Mr. parbe.
- ↑ Ml. e Mr. uderiti.
- ↑ P. travaglio.
- ↑ P. su certi sassi.