[St. 63-66] |
libro ii. canto xvii |
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E questa istoria, quale io v’ho contata,
Del bel Narciso e di sua morte strana,
Lei tutta la narrò, come era stata,
Al conte Orlando presso alla fontana,
Poscia che vidde la disconsolata
Alla battaglia orribile e inumana
Quel franco peregrino esser sì forte,
Che al suo barone avria dato la morte.
Temendo che sia morto il suo barone,
Aiuto o pace dimandava al conte,
Mostrando a lui che per compassïone
De ogni altra gente fa guardare il ponte;
Onde a bona drittura di ragione
Non debbe il cavallier ricevere onte,
Qual non dimora là per fellonia,
Ma per campare altrui da morte ria.1
Cognosce il conte che ella dice il vero,
Però ben presto se trasse davante,
E tra quel peregrino e il cavalliero
Spartì la fiera zuffa in uno istante;
Poi, riguardando a lor con più pensiero,2
Cognobbe che l’uno era Sacripante,
E l’altro, che in più parte fu ferito,
Era Isolieri, il giovanetto ardito;
Qual, per guardare a Calidora il passo,
Insin di Spagna a l’India era venuto,
Che pur pensando al gran camin son lasso;
Amor l’avea condutto e ritenuto.
Ma Sacripante andava al re Gradasso,
Da Angelica mandato per aiuto,
Come io vi dissi alora che Brunello
A lui tolse il destriero, a lei lo anello.
- ↑ Mr. omm. per.
- ↑ . e Ml. alhor.