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[St. 15-18] libro ii. canto xvii 285

15 Adosso ad Agramante ogniom si serra,
     E quando l’un promette, e l’altro dona,
     Come fosse mortal l’odio e la guerra;
     Pur che si possa, alcun non se perdona.
     Tutto il cimiero avean gettato a terra
     Ad Agramante e rotta la corona
     Quei cinque re ch’io dissi; ogniom martella,
     Cercando trarlo al fin for della sella.

16 E certo l’avrian preso al suo dispetto,
     A benchè fosse sì franco guerrero,
     Chè avere a far con uno egli è un diletto,
     Ma cinque son pur troppo, a dire il vero.
     Ora vi gionse il forte giovanetto,
     Qual giù callava, io dico il bon Rugiero,
     Che l’arme avea del re de Tingitana;
     Callò la costa e gionse in su la piana.

17 Come fo gionto, tutto se abandona
     Ove stava Agramante a mal partito;
     Frontino, il bon destrier, forte sperona
     E dà tra loro il giovanetto ardito;
     Gionse alla testa il re di Nasamona,
     E fuor d’arcione il trasse tramortito,
     E toccò dopo lui quel re Fizano;
     Sì come al primo, lo distese al piano.

18 Alto da terra volta il suo Frontino,
     Che proprio un cervo a’ gran salti somiglia;
     Alcun già non cognosce il paladino:
     Che sia Brunello ogniom si meraviglia.
     Ora ecco gionto ha d’urto il re Sobrino,
     Correndo l’uno e l’altro a tutta briglia;
     Ed andò il re Sobrino, a gran fraccasso,
     Il suo destriero e lui tutto in un fasso.

2. T. quando lui. — *28. Mr. loco; T. e Mr. toccÌM. — 24. P. il. 9. Mr. ha tulio il.