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orlando innamorato |
[St. 47-50] |
Quel giovanetto che nudo è venuto,
Poi che ebbe vòto tutto il canestrino,
Con un fusto di ziglio alto e fronzuto,
Ferì Ranaldo a l’elmo de Mambrino.
Non ebbe quel barone alcuno aiuto,
Ma cadde a terra come un fanciullino;
E non era caduto al prato a pena,
Che ai piedi il prende e strasinando il mena.
De le tre dame ogniuna avea ghirlanda
Chi de rosa vermiglia e chi de bianca;1
Ciascuna se la trasse in quella banda,
Poi che altra cosa da ferir li manca;
E benchè il cavallier mercè dimanda,
Tanto il batterno, che ciascuna è stanca,
Però che al prato lo girarno intorno,
Sempre battendo, insino a mezo giorno.
Nè il grosso usbergo nè piastra ferrata
Poteano a tal ferire aver diffesa;
Ma la persona avea tutta piagata2
Sotto a quelle arme, e di tal foco accesa,
Che ne lo inferno ogni anima dannata3
Ha ben doglia minor senza contesa,
Là dove quel baron de disconforto,
Di tema e di martìr quasi era morto.
Nè sa se omini o dei fosser costoro:
Nulla diffesa o preghera vi vale;
E, standosi così, senza dimoro
Crescerno in su le spalle a tutti l’ale;
Quale erano vermiglie e bianche e d’oro,4
E in ogni penna è un occhio naturale,
Non come di pavone, o de altro occello,
Ma di una dama grazïosa, e bello.5
- ↑ P. Di rosa chi verm.
- ↑ P. impiagata.
- ↑ Mr. damnata.
- ↑ Ml. Qual ale; Mr. Quale erano; P. Quali er.
- ↑ P. di donzella — T., Ml. e Mr. graziosa.