[St. 55-58] |
libro ii. canto i |
17 |
Non vi domanda consiglio il segnore,
Se ben la sua proposta aveti intesa,
Ma per sua riverenza e vostro onore
Sieco il passaggio alla reale impresa.
Qualunque il niega, al tutto è traditore,
Sì che ciascun da me faccia diffesa,
Qual contradice al mandato reale,
Ch’io lo disfido a guerra capitale.
Così parlava il giovanetto acerbo,
Che è re di Sarza, come io vi contai.1
Rodamonte si chiama quel superbo,
Più fier garzon di lui non fu giamai;
Persona ha de gigante e forte nerbo:
Di sue prodezze ancor diremo assai.
Or guarda intorno con la vista scura,
Ma ciascun tace et ha di lui paura.
Era in consiglio il re di Garamanta,
Quale era sacerdote de Apollino.
Saggio, e de gli anni avea più de nonanta,
Incantatore, astrologo e indovino.
Nella sua terra mai non nacque pianta,
Però ben vede il celo a ogni confino:
Aperto è il suo paese a gran pianura,
Lui numera le stelle e il cel misura.
Non fu smarito il barbuto vecchione,
A benchè Rodamonte ancor minaccia,
Ma disse: Bei segnor, questo garzone
Vol parlar solo e vol che ogni altro taccia.
Pur [che] esso non ascolti il mio sermone,
Il mal che mi può far, tutto mi faccia;
Ascoltati de Dio voi le parole,
Chè non di lui, ma de gli altri mi dole.