[St. 35-38] |
libro ii. canto xv |
257 |
Or, come aveti inteso, il giovanetto
Trovò quel re pagano alla campagna,
E sterno insieme alquanto a lor diletto,
E ciascadun de Amor si dole e lagna.
Pur, così ragionando, venne detto
A Feraguto come era di Spagna,
E che pur mo tornava di Granata,1
Ove una dama avea gran tempo amata;
E come era chiamata Doralice
Quella, figliola del re Stordilano.
— Non più parole, — Rodamonte dice
Ma prendi la battaglia a mano a mano.
Chi te ha condotto, misero, infelice,
A morire oggi sopra a questo piano?
Chè comportar non voglio e non potrei
Che altri che me nel mondo ami colei.
Rispose Feraguto: Essendo grande,
Lo esser cucioso assai ti disconviene;
Ma poi che la battaglia me domande,
Tra noi la partiremo, o male, o bene,
E l’alterezza tua che sì se spande,2
Potria tornarti in dolorose pene.
Amai colei; lo amore ebbe a passare:
Per tuo dispetto voglio ancora amare.
Con tal parole e con de l’altre assai
Se furno insieme e’ duo baron sfidati.
Ambi avean lancie, come io vi contai:
Con esse a resta se fôr rivoltati.
Più crudel scontro non se udì giamai;
E due destrier, di petto insieme urtati,3
Andarno a terra, e i cavallieri adosso,
Con tal fraccasso che contar non posso.
- ↑ T., Ml. e Mr. tornava; P. E che pur mo veniva.
- ↑ P. che qui. 21. Mr. ancor la voglio.
- ↑ Ml. e P. I due.