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254 | orlando innamorato | [St. 23-26] |
23 Ranaldo dà tra lor senza pensare,
Chè ben cognobbe che eran Saracini;
Quivi de intorno fo il bel sbarattare,
Fuggendo tutti in rotta quei meschini.
Chi ne la nave, e chi saltava in mare,
L’un non aspetta che l’altro se chini
A prender cosa che gli sia caduta;
Ma sol fuggendo ciascadun se aiuta.
24 Gli altri che a terra avean volto il timone,
Via se ne andarno, abandonando il lito,
E seco ne menâr preso Dudone,
Che, se Ranaldo l’avesse sentito,
Avria menata gran destruzïone,
E forse entro a quel mar l’avria seguito;
Ma lui non si pensava di tale onte,
Sol dimandando ove era Rodamonte.
25 Un saracin ben forte spaventato,
Che anti a Ranaldo inginocchion si pose,
Di Rodamonte essendo dimandato,
La pura verità presto rispose:
Come al bosco de Ardena era invïato,
Tutto soletto per le piaggie ombrose,
Essendo detto a lui che a quel camino
Giva Ranaldo, al Fonte de Merlino.
26 Il Fonte de Merlino era in quel bosco,
Sì come un’altra volta vi contai,
Che era a gli amanti un velenoso tosco,
Chè, ivi bevendo, non amavan mai;
Benchè lì presso a quel loco fosco
Passava una acqua che è megliore assai:
Meglior de vista e de effetto peggiore;
Chiunche ne gusta, in tutto arde d’amore.
1. P. Ran. urta. — 13. P. Non era ai casi lor redenzione. — 18. P. Nanti
a. — 29. P. luogo sì.