[St. 3-6] |
libro ii. canto xv |
249 |
Siccome duo demonii dello inferno
Fossero usciti sopra della terra,
Fuggia la gente, volta in tal squaderno,
Che alcun non guarda se il destrier si sferra;
E poi da largo, sì come io discerno,
Se rivoltarno a remirar la guerra
Che fanno e due baroni a brandi nudi,
Spezzando usbergi, maglie, piastre e scudi.1
Ciascun più furïoso se procaccia
De trare al fine il dispietato gioco;
Al primo colpo se gionsero in faccia
Ambi ad un tempo istesso e ad un loco.
Or par che ’l celo a fiamma se disfaccia,
E che quegli elmi sian tutti di foco;
Le barbute spezzâr, come di vetro:
Ben diece passi andò ciascuno adietro.
Ma l’uno e l’altro degli elmi è sì fino,
Che non gli nôce taglio nè percossa;
Quel de Ranaldo già fo de Mambrino,
Che avea due dita e più la piastra grossa;
E questo che portava il Saracino,
Fo fatto per incanto in quella fossa
Ove nascon le pietre del diamante;2
Nembroto il fece fare, il fier gigante.
Sopra a questi elmi spezzâr le barbute3
Al primo colpo, come io vi ho contato;
Mai non son ferme quelle spade argute,
Disarmando e’ baron; da ogni lato4
Le grosse piastre e le maglie minute
Vanno a gran squarci con roina al prato;
Ogni armatura va de mal in pezo,
Del scudo suo non ha più alcun lì mezo.
- ↑ T. usbergi e maglie piastre; Ml. usb. e m. e p.
- ↑ Ml. nascie le pietre; Mr. e P. nascon le pietre.
- ↑ Ml. Sopra a.
- ↑ Ml. omm. e.