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246 orlando innamorato [St. 63-66]

63 Ad ambe mano il tocca il damisello
     Sopra de l’elmo che è cotanto fino,
     E roppe la corona e ’l suo cerchiello,
     Nè vi rimase perle nè rubino.
     Tutto il frontale aperse a quel flagello,
     E cadde ingenocchione il saracino.
     Ma la sua gente che intorno li stava,
     Li dette aiuto; e ben gli bisognava.

64 Tutti cridando avanti al suo segnore,
     Coperto lo tenian co e scudi in braccio.
     E Dudon la sua mazza a gran furore
     Mena a due mano adosso al populaccio;
     E non curando grande nè minore,
     Fiacca e profonda chi gli dona impaccio;
     Abatte e spezza, e de altro già non bada
     Se non di farsi a Rodamonte strada.

65 Ma lui già se era in piedi redricciato,
     E mena il brando a cui non val diffesa;
     Il scudo de Dudone ebbe spezzato,
     E strazia piastra e maglia alla distesa,
     E tutto il disarmò dal manco lato,
     Benchè non fosse a quel colpo altra offesa:
     Ma non avea callato il brando apena,
     Che l’altro colpo a gran fretta rimena.

66 Dudon, che vede non poter parare,
     Però che troppo gli è il pagano adosso,
     Subitamente il corse ad abracciare.
     Or era l’uno e l’altro grande e grosso,
     Sì che un bon pezzo assai vi fo che fare,
     Ma Dudon alla fin per più non posso
     Fu posto a terra da quel saracino,
     Preso e legato come un fanciullino.

15. MI. e già daltro non <ibada. — 22. MI. fo$$e ; Mr. e F. /utae.