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[St. 59-62] libro ii. canto xiv 245

59 Il giovanetto fio de Filippone
     Per la vergogna se credea morire,
     E già di vista avea perso Dudone,
     Che in altra parte avea preso a ferire.
     Ranaldo era smontato de l’arcione,
     Sì come poco avante io vi ebbi a dire,
     Ed a quel loco non era presente,
     Ove egli è in volta tutta la sua gente.

60 Però si volse come disperato
     Verso il pagano e la sua lancia arresta,
     E gionse il saracin sopra al costato,
     E fiaccò tutta l’asta con tempesta.
     Ma lui conviene andar disteso al prato,
     Ferito sconciamente nella testa:
     Nel capo Rodamonte l’ha ferito,
     E fuor d’arcion lo trasse tramortito.

61 Non era indi Dudone assai lontano,
     E prestamente fu del fatto accorto.
     Quando vidde Otachier andare al piano,
     Senza alcun dubbio lo pose per morto;
     E già lo amava lui come germano,
     Onde ne prese molto disconforto,
     E destinò nel cor senza fallire
     Di vendicarlo, o con seco morire.

62 E’ non portò mai lancia il giovanetto,
     Per quanto da Turpino io abbia inteso,
     Ma piastra e maglia e scudo e bacinetto
     E la mazza ferrata di gran peso.
     Con quella viene adosso al maledetto,
     E sì come era di furore acceso
     Tutto se abandonò sopra al pagano
     Con ogni forza, e tocca de ambe mano.

3. P. per$o atea. — 8. T., MI. e l£r. eglU involta. — 17. P. Dudon

molio. — 28. P. £ una. — 88. P. tocca ad.