[St. 51-54] |
libro ii. canto xiv |
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Questo che io dico tuttavia parlava,
E cominciò a ferir con tanta fretta
Che, se Ranaldo ponto l’aspettava,
Era ad un colpo fatta la vendetta.
Ma lui verso del poggio rivoltava,
E corse forse un tratto di saetta;
E smontò quivi e lasciovvi Baiardo,
Tornando a piedi il principe gagliardo.
Quando il pagano il vidde ritornare
Soletto, a piede, senza quel ronzone
Che via correndo lo puotea campare,
Ben se lo tenne aver morto o pregione.
Ma già le gente sopra al poggio appare,[1]
Qual conduce Otachieri e il bon Dudone,
Li Ungari, dico, armati a belle schiere,
Con targhe et archi e lancie e con bandiere.
Venian cridando quei guerreri arditi
Giù della costa, e menando tempesta.
Quando li vidde il re sì ben guarniti
De arme lucente e con le penne in testa,
Come gli avesse già presi e gremiti,
Saltava ad alto e faceva gran festa:
Menando il brando intorno ad ogni mano
Ferìa gran colpi sopra al vento in vano.
Poi se mosse qual movese il leone[2]
Che vede e’ cervi longi alla pastura,
E già venendo fa tra sè ragione[3]
Cacciar da sè la fame alla sicura.
Cotal quel saracin, cor di dragone,
Che spreza tutto il mondo e non ha cura,
Lasciò Ranaldo che già presso gli era,
E rivoltosse incontra quella schiera.[4]
- ↑ P. Ma su nel poggio una gran schiera.
- ↑ P. E poi... qual muove
- ↑ P. E già.
- ↑ Ml. e P. incontra a.