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orlando innamorato |
[St. 47-50] |
A prima gionta de la spada mena
Giù per le gambe del destrier Baiardo,[1]
E quel ronzon scappò de un salto a pena,[2]
Nè bisognava che fusse più tardo;
E Rodamonte il suo brando rimena[3]
A gran roina, e non pone riguardo
De giongere a cavallo o cavalliero;
Tanto è turbato e disdegnoso il fiero.
Ahi falso saracin, disse Ranaldo[4]
Che mai non fusti di gesta reale!
Non ti vergogni, perfido, ribaldo,
Ferir del brando a sì digno animale?
Forse nel tuo paese ardente e caldo,
Ove virtute e prodezza non vale,
De ferire il destriero è per usanza;
Ma non se adopra tal costume in Franza.
Parlò Ranaldo in lenguaggio africano,
Onde ben presto il Saracin lo intese,
E disse: Per ribaldo e per villano
Non ero io cognosciuto al mio paese;
Et oggi dimostrai col brando in mano
A queste genti che ho intorno distese,
Che de vil sangue non nacqui giammai;
Ma, a quel che io vedo, non è fatto assai.
Se io non te pongo con sieco a giacere[5]
Sopra a quel campo, in duo pezzi tagliato,
Più mai al mondo non voglio apparere,
E tengome a ciascun vituperato;
Ma sino ad ora te faccio sapere
Che il tuo destrier da me non fia servato;[6]
La usanza vostra non estimo un fico,
Il peggio che io scio far, faccio al nimico.
- ↑ P. A traverso a le gambe di.
- ↑ P. Il buon caval.
- ↑ P. Rod. la sua spada r.
- ↑ P. gridò. — U11. P. traditor ribaldo.
- ↑ P. con essi.
- ↑ T. sia.