238 |
orlando innamorato |
[St. 31-34] |
Ranaldo che nel monte era venuto,
E Dudon sieco e ’l giovene Otachieri,
Quasi per maraviglia era perduto,
Mirando del pagano e’ colpi fieri,
E ben s’avede che bisogna aiuto;[1]
Nè porre indugia vi facea mestieri,
Chè de ogni parte è persa la speranza,
Rotti e’ Lombardi, e fuggìan quei di Franza.
Le lor bandiere al campo sanguinoso
Squarzate a pezzi se vedeano andare;
Nel mezo è Rodamonte il furïoso,
Che sembra un vento di fortuna in mare,
Et ha quel brando sì meraviglioso,
Qual già Nembroto fece fabricare,[2]
Nembroto il fier gigante, che in Tesaglia
Sfidò già Dio con sieco a la battaglia.[3]
Poi quel superbo per la sua arroganza
Fece in Babel la torre edificare,[4]
Chè de giongere in celo avea speranza,
E quello a terra tutto ruïnare.
Costui, fidando nella sua possanza,
Il brando de cui parlo, fece fare,
Di tal metallo e tal temperatura
Che arme del mondo contra a lui non dura.
Re Rodamonte nacque di sua gesta,
E dopo lui portò quel brando al fianco,
Qual mai non fu portato in altra inchiesta,[5]
Perchè ogni altro portarlo venìa stanco,
Nè di brandirlo alcuno avia podesta;
E ’l suo patre Ulïeno, ardito e franco,
Benchè di sua bontade avesse inteso,
L’avea lasciato per superchio peso.
- ↑ T. e Ml. savede.
- ↑ P. Che.
- ↑ T. sfido già.
- ↑ T. edifficare.
- ↑ P. Che