[St. 3-6] |
libro ii. canto xiv |
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Dietro ad Astolfo, che su la balena1
Avanti era portato per incanto.
Dudon le gambe per quelle onde mena,
E già per l’acque avea seguìto tanto,
Che ormai più non vedea Ranaldo apena,
E fu per ruïnare in tristo pianto,
Però che il suo destrier per più non posso
Trabuccò al fondo e portòl sieco adosso.
E nel cader che fie’ il giovane arguto,
Fece a sè sopra il segno de la croce,
E cridò: Matre pia, donami aiuto!
Ranaldo se rivolse a quella voce,
E quasi il pose al tutto per perduto.
Ora diversa doglia al cor gli coce:
Astolfo avante a lui via ne è portato,
Alle sue spalle è questo altro affondato.
Pure il periglio grande de Dudone
Il fece adietro rivoltar Baiardo;2
Come pesce natava quel ronzone
Per la marina, tanto era gagliardo.
Quando fu gionto dove era il garzone,
Non bisognava che fusse più tardo,
Chè ormai più non puoteva trare il fiato;
Ben sapea dir se il mare era salato.
Ranaldo fuor d’arcione il tolse in braccio,
E portòl sopra ’l litto alla sicura,
E, poi che questo ha tratto fuor de impaccio,
Di seguitare Astolfo prese cura.
Ma la balena era ita un tanto spaccio,
Che a riguardar sì longe era paura,
E l’aria cominciò di farsi bruna,
Soffiando il vento e gelo e gran fortuna.3
- ↑ Mr. ballena.
- ↑ T., Mr. e P. omm. il.
- ↑ T. e Mr. celo; Ml. ciel.