[St. 7-10] |
libro ii. canto xiii |
215 |
Onde la fata, che tanto lo amava,
Sieco di doglia credette morire;
Però piatosamente lacrimava,
Come ne l’altro canto io vi ebbi a dire,
E con la barca al fondo lo portava,
Per farlo sotto il lago sepelire.1
Or più di lei la istoria non divisa,
Ma torna a ricontar de Fiordelisa.
La qual, sì come Orlando ebbe veduto,
Gli disse: Idio del cel per sua pietate
Qua te ha mandato per donarmi aiuto,
Sì come avea speranza in veritate.
Or bisognarà ben, baron compiuto,
Che a un tratto mostri tutta tua bontate;
Ma, perchè sappi che far ti conviene,
Io narrarò la cosa: intendi bene.
Dapoi ch’io mi parti’ da quello assedio,
Che ancora ad Albracà dimora intorno,
Con superchia fatica e maggior tedio
Cercato ho Brandimarte notte e giorno,
Nè a ritrovarlo è mai stato rimedio;
Et io faceva ad Albracà ritorno,
Per saper se più là sia ricovrato,
Ma nel vïaggio ho poi costui trovato.
Costui che meco vedi per sargente,
Io l’ho trovato a mezo del camino,
Et è venuto a dir per accidente
Che portò Brandimarte piccolino,2
Qual fu figlio de un re magno e potente;3
Ma, come piacque a suo forte destino,
Costui lo tolse a l’Isola Lontana,
E diello al conte de Rocca Silvana.
- ↑ P. rivenire.
- ↑ ritornato.
- ↑ T., Ml. e P. Qual.