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198 orlando innamorato [St. 3-6]

         Poi che quella arte degna et onorata
     Al nostro tempo è gionta tra villani;
     Nè l’opra più de amore anco è lodata,
     Poscia che in tanti affanni e pensier vani,
     Senza aver de diletto una giornata,
     Si pasce di bel viso e guardi umani,1
     Come sa dir chi n’ha fatto la prova,
     Poca fermezza in donna se ritrova.

         Deh! non guardate, damigelle, al sdegno,
     Che altrui fa ragionar come gli piace;
     Non son tutte le dame poste a un segno,
     Però che una è leal, l’altra fallace;
     Et io, per quella che ha il mio core in pegno,
     Cheggio mercede a tutte l’altre e pace;
     E ciò che sopra ne’ miei versi dico,
     Per quelle intendo sol dal tempo antico:

         Come Origilla, quella traditrice,
     Qual per aver Grifone in sua balìa
     (Chè il cor gli ardea d’amor ne la radice),
     A Manodante andò, la dama ria;
     E ciò che Orlando a lei secreto dice
     Per trar fuor quei baron de pregionia,
     E le cose ordinate tutte quante,
     Lei le rivela e dice a Manodante.

         Quando il re intese che quivi era Orlando,2
     Nella sua vita mai fu più contento.
     Se stesso per letizia dimenando,
     Già parli avere il figlio a suo talento;
     Ma poi nella sua mente anco pensando
     Del cavallier la forza e lo ardimento,
     Comprende bene e già veder gli pare
     Che nel pigliarlo assai serà che fare.

  1. Ml. e P. di; Mr. de.
  2. Mr. qui vi; P. qui era.