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CANTO DUODECIMO
Stella de amor, che ’l terzo cel governi,
E tu, quinto splendor sì rubicondo,
Che, girando in duo anni e’ cerchi eterni,
De ogni pigrizia fai digiuno il mondo,
Venga da’ corpi vostri alti e superni
Grazia e virtute al mio cantar iocondo,
Sì che lo influsso vostro ora mi vaglia,
Poi ch’io canto de amor e di battaglia.
L’uno e l’altro esercizio è giovenile,
Nemico di riposo, atto allo affanno;
L’un e l’altro è mestier de omo gentile,
Qual non rifuti la fatica, o il danno;1
E questo e quel fa l’animo virile,2
A benchè al dì de ancoi, se io non m’inganno,3
Per verità de l’arme dir vi posso
Che meglio è il ragionar che averle in dosso,