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[St. 35-38] libro ii. canto x 175

         Con tal fazione il perfido ribaldo
     Passò il primo castello, e nel secondo
     Vicino al ponte ritrovò Ranaldo,
     Che lo aspettava irato e furibondo.
     Ma, come il vidde, il dimandò di saldo
     Se Balisardo avea tratto del mondo,
     Perchè lui crede senza altra mancanza
     Ch’el sia Dudone a l’arme e alla sembianza.

         E quel rispose: — Il gigante è fuggito,
     Et io gli ho dato tre miglia la caccia.1
     Prima l’aveva nel capo ferito,
     E rotto il muso e ’l mento con la faccia:
     Fuor della rocca l’ho sempre seguito,
     Sino ad un fiume largo cento braccia.
     Dentro a quella acqua se gettò il malvaso,
     Ove ogni altro che lui serìa rimaso.

         Ma non te sapria dir per qual ragione
     A l’altra ripa lo viddi passato,
     Là dove stava Iroldo, che è pregione,
     E Prasildo, che apresso era legato.2
     Ambo gli viddi sotto al pavaglione,
     Là dove Balisardo era fermato,
     Ma non mi dette il core a trapassare
     L’acqua, che al corso una roina pare.

         Ranaldo non lasciò più oltra dire,
     Ma sopra il ponte subito è passato,
     A lui dicendo: Io voglio anzi morire,
     Che vivo rimaner vituperato;
     Nè mai nel mondo se puotrà sentire
     Ch’io abbi un mio compagno abandonato,
     Sì come tu facesti, omo da poco,
     Che temi l’acqua; or che faresti ’l foco?

  1. Ml. e Mr. Et io glho; P. Et io gli ho.
  2. Ml. che preso.