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orlando innamorato |
[St. 15-18] |
Feritte a lui Dudon sopra la testa,
E ruppe il cerchio a quello elmo forbito,
E fu il gran colpo di tanta tempesta,
Che Balisardo cadde sbalordito.
Dudon mena a due mane, e non s’arresta
Sopra il pagano il giovanetto ardito;
Gionse nel scudo, che è d’argento fino,1
Tutto lo aperse il franco paladino.
Ma, come fusse dal sonno svegliato
Per l’altro colpo, il saracino altiero
Salta di terra, e subito è dricciato
Et alla zuffa ritornò primiero.
Mena a Dudone, e gionselo al costato
Col suo baston, che già non è ligiero,
Anci è ben cento libre e più de peso:
Cadde alla terra il giovane disteso.
Per quel gran colpo andò Dudone a terra,
E non poteva trare il fiato apena,
Ma non per questo abandonò la guerra,
Come colui che avea soperchia lena;
Presto se riccia e la sua mazza afferra,
Sopra de l’elmo a Balisardo mena,
E la farsata al capo ben gli accosta,
Poi che adocchiato ha sempre quella posta.
Sempre alla testa toccava Dudone,
Sopra alle tempie, in fronte e nella faccia;
E quel menava ancora il suo bastone,
Or sopra al collo, or sopra ambe le braccia.
Risuona il celo alla cruda tenzone,
E par che ’l mondo a foco se disfaccia:
Quando l’un l’altro ben fermo se ariva,
Tra ferro e ferro accende fiama viva.