[St. 11-14] |
libro ii. canto x |
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Poi tornò fuora squassando il bastone,
E minacciando pugna adimandava.
Allor se mosse il franco fio de Amone,
E con roina adosso a lui ne andava;
Ma avanti ingenocchiato avea Dudone,1
Che per mercede e grazia dimandava
De gir primo de lui nel ponte avante
A far battaglia contra a quel gigante.
Ranaldo consentì mal volentiera,
Ma pur non seppe a’ soi colpi disdire.2
Questa baruffa fia d’altra maniera3
Che le passate, e de un altro ferire,
Nè passarà la cosa sì legiera
Come le due davante, vi scio dire;
Però che ’l giovanetto de cui parlo,
È di gran pregio nei baron di Carlo.
Turpin loda Dudone in sua scrittura
Tra’ primi cavallier di quella corte;
E quasi era gigante di statura,4
Destro e legiero, a meraviglia forte,
E con sua mazza ponderosa e dura5
A molti saracin dette la morte:
Ma poi di tal bontà si dava il vanto,
Che era appellato in sopranome il Santo.
Or sopra il ponte il campïon se caccia,
Di piastra e maglia armato e ben coperto;
E Balisardo il forte scudo imbraccia,
Come colui che è di battaglia esperto.
L’uno e l’altro di loro avea la maccia,
Sì che un bel gioco cominciâr di certo,
Menando botte de sì gran fraccasso,6
Che ’l fiume risuonava al fondo basso.
- ↑ Mr. ingionochiato stava; P. inginocchion stava.
- ↑ P. soi preghi.
- ↑ P. si è.
- ↑ P. E'.
- ↑ Ml. moderosa; Mr. e P. poterosa.
- ↑ P. con sì.