[St. 51-54] |
libro ii. canto ix |
163 |
Et era già passato il quinto giorno
Poi che lasciarno quel loco incantato,
Quando da lunge odîr suonare un corno
Sopra ad un castello alto e ben murato.
Nel monte era il castello, e poi d’intorno
Avea gran piano, e tutto era de un prato;
Intorno al prato un bel fiume circonda:
Mai non se vidde cosa più ioconda.
L’acqua era chiara a meraviglia e bella,
Ma non si può vargar, tanto è corrente.1
A l’altra ripa stava una dongiella
Vestita a bianco e con faccia ridente;
Sopra a la poppa d’una navicella
Diceva: O cavallieri, o bella gente,
Se vi piace passare, entrati in barca,
Però che altrove il fiume non si varca.
E’ cavallier, che avean molto desire
Di passare oltra e prender suo vïaggio,
La ringraziarno di tal proferire,
E travargarno il fiume a quel passaggio.2
Disse la dama nel lor dipartire:
Da l’altro lato si paga il pedaggio,
Nè mai de quindi uscir se può, se prima
A quella rocca non saliti in cima.
Perchè questa acqua che qua giù discende
Vien da due fonte da quel poggio altano,
E da l’un lato a l’altro se distende,
Tanto che cinge intorno questo piano;
Sì che uscir non si può chi non ascende
A far prima ragion col castellano,
Ove bisogna avere ardita fronte:
Eccovi lui, che fuora esce del ponte.
- ↑ Mr. vardar; P. vadar.
- ↑ Ml. e T. travargarno.