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[St. 43-46] libro ii. canto ix 161

         Quivi eran l’armi de ciascun barone
     Ne’ verdi rami d’intorno distese.
     Roverse le avea poste quel fellone,
     Per far la lor vergogna più palese;
     Ranaldo incontinente e poi Dudone,1
     E insieme ogniom de gli altri le sue prese,2
     E tutti quanti se furno guarniti
     De’ loro arnesi e’ cavallieri arditi.

         Tutti quei gran baroni e re pagani,
     Che fôrno presi all’incantato ponte,
     Ne andarno chi vicini e chi lontani,
     Ma prima molto ringraziarno il conte;
     E sol restarno quivi e’ Cristïani,
     Ove Dudone con parole pronte
     Ezpose che Agramante e sua possanza
     Eran guarniti per passare in Franza.

         E come lui, mandato da Carlone,
     Avea cercate diverse contrate
     Per ritrovar lor duo franche persone,
     Che eran il fior de corte e la bontate,
     E per condurle, come era ragione,
     Alla diffesa de Cristianitate.
     Ciò de Ranaldo diceva e de Orlando,
     Et a lor proprio lo venìa contando.

         Ranaldo incontinente se dispose
     Senza altra indugia in Francia ritornare.
     Il conte a quel parlar nulla rispose,3
     Ma stette un pezzo tacito a pensare,4
     Chè il core ardente e le voglie amorose
     Nol lasciavan sè stesso governare;
     L’amor, l’onore, il debito e ’l diletto
     Facean battaglia dentro dal suo petto.

  1. P. omm. e.
  2. P. E poi ciascun.
  3. P. Il conte Orlando a Dudon non rispose.
  4. T. e Ml. Stando sospeso e tacito.