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orlando innamorato |
[St. 7-10] |
E però vengo a farte compagnia,
Poi che lasciasti Morgana nel prato,
E quanto durarà la mala via,
Da me serai battuto e flagellato,
Nè ti varrà lo ardire o vigoria,
Se non serai di pacïenza armato.
Presto rispose il figlio di Melone:
La pacïenza è pasto da poltrone.1
Nè te venga talento a farmi oltraggio,
Chè pacïente non serò di certo.
Se a me fai onta, a te farò dannaggio,
E se mi servi ancor, ne avrai buon merto:
Dico de accompagnarme nel vïaggio
Dove io camino per questo diserto.
Così parlava Orlando, e pur Morgana
Tuttavia fugge et a lui se alontana.2
Onde, lasciando mezo il ragionare,
Dietro alla fata se pose a seguire,
E nel suo cor se afferma a non mancare
Sin che vinca la prova, o de morire.
Ma l’altra, di cui mo vi ebbi a contare,
Qual per compagna se ebbe a proferire,
Se accosta a lui con atti sì villani,
Che de cucina avria cacciati i cani.3
Perchè, giongendo col flagello in mano,
Disconciamente dietro lo battia.4
Forte turbosse il senator romano,
E con mal viso verso lei dicia:
Già non farai ch’io sia tanto villano,
Ch’io traga contra a te la spata mia;5
Ma se a la trezza ti dono di piglio,
Io te trarò di sopra al celo un miglio.
- ↑ Mr. è posta.
- ↑ P. Da lui tuttavia fugge e s’ali.
- ↑ Ml. e Mr avria.
- ↑ P. Sconciamente di.
- ↑ Ml., Mr. e P. contra a.