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[St. 3-6] libro ii. canto ix 151

         Con tanta pena e con fatiche tante,
     Che ad ogni passo convien che si torza.
     La fata sempre fugge a lui davante;
     Alle sue spalle il vento se rinforza
     E la tempesta, che sfronda le piante
     Giù diramando fin sotto la scorza.
     Fuggon le fiere e il mal tempo le caccia,1
     E par che il celo in pioggia si disfaccia.

         Ne l’aspro monte e ne’ valloni ombrosi
     Condutto è il conte a perigliosi passi.2
     Callano rivi grossi e roïnosi,
     Tirando giù le ripe, arbori e sassi,3
     E per quei boschi oscuri e tenebrosi
     S’odon alti rumori e gran fraccassi,
     Però che ’l vento, il trono e la tempesta
     Dalle radici schianta la foresta.

         Pur segue Orlando e fortuna non cura,
     E prender vôl Morgana a la finita,4
     Ma sempre cresce sua disaventura,
     Perchè una dama de una grotta uscita,5
     Pallida in faccia e magra di figura,
     Che di color di terra era vestita,
     Prese un flagello in mano aspero e grosso,
     Battendo a sè le spalle e tutto il dosso.

         Piangendo se battea quella tapina,
     Sì come fosse astretta per sentenzia
     A flagellarsi da sera e matina.
     Turbosse il conte a tal appariscenzia,
     E dimandò chi fosse la meschina.
     Ella rispose: Io son la Penitenzia,
     De ogni diletto e de allegrezza cassa,
     E sempre seguo chi ventura lassa.

  1. T., Ml. e Mr. li.
  2. P. conte in.
  3. P. Tirano. — U. Ml. Sodon; T. Scendono; Mr. Sentono.
  4. P. Chè.
  5. P. Ecco una.