[St. 35-38] |
libro ii. canto vii |
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Fu profondato quivi il fio de Amone,
Come di sopra odesti raccontare,
E seco Iroldo e ’l loro compagnone,
Che ancor mi fa pietate a ricordare;
Nè dopo molto vi gionse Dudone,
Il qual venìa questi altri a ricercare,
Chè comandato li avea Carlo Mano
Che trovi Orlando e il sir de Montealbano.1
Caminando il baron senza paura,
Cercato ha quasi il mondo tutto quanto;
E, come volse la mala ventura,2
Gionse a quel lago fatto per incanto,
Ove Aridano, orrenda creatura,
Cotanta gente avea condutta in pianto,
Perchè ogni cavalliero e damigella
Getta nel lago la persona fella.
Così fu preso e nel lago gettato
Dudone il franco, e non vi ebbe diffesa,
Perchè Aridano in tal modo è fatato,
Che ciascadun che avea seco contesa,
Sei volte era di forza superchiato,
Onde veniva ogni persona presa;
Perchè, se alcun baron ha ben possanza,
E lui sei tanta di poter lo avanza.3
Tanta fortezza avea quel disperato
Che, come spesso se potea vedere,
Natava per quel lago tutto armato,
E tornava dal fondo a suo piacere;
E quando alcuno avesse profondato,
Giù se callava senz’altro temere,
E poi, notando per quella acqua scura,
Di lor portava a soma l’armatura.4
- ↑ T. e Ml. e laltro.
- ↑ Ml. sua mala.
- ↑ P. tanto.
- ↑ P. al sommo.