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[St. 47-50] libro ii. canto vi 111

         Sino al castel fu a lor data la caccia,
     Poi giù callarno quei pagani al mare,
     Il quale era tornato ora a bonaccia:
     Qua Rodamonte li fece aloggiare.
     Ciascun de aver la robba se procaccia,
     Che somersa da l’onde al litto appare;
     Tavole e casse et ogni guarnimento
     Sopra a quella acqua va giettando il vento.

         Fôr le sue nave intra grosse e minute
     Che se partîr de Algier cento novanta;
     Meglio guarnite mai non fôr vedute
     Di bella gente e vittuaglia tanta;
     Ma più che le due parte eran perdute,
     Nè se atrovarno a Monico sessanta;[1]
     E queste più non son da pace o guerra,
     Chè ’l più de loro avean percosso in terra.

         Morti eran tutti quanti e’ lor destrieri,
     E perduta ogni robba e vittuaglia;[2]
     Rodamonte al tornar non fa pensieri,
     Nè stima tutto il danno una vil paglia.
     Va confortando intorno e’ suoi guerreri[3]
     Dicendo: Compagnoni, or non vi incaglia
     Di quel che tolto ce ha fortuna o mare,[4]
     Chè per un perso, mille io vi vuo’ dare.

         E quivi non farem lungo dimoro,
     Chè povra gente son questi villani.
     Io vo’ condurvi dove è il gran tesoro,
     Giù nella ricca Francia a i grassi piani.
     Tutti portano al collo un cerchio d’oro,
     Come vedreti, questi fraudi cani,
     Sì che del perso non vi dati lagno,[5]
     Chè noi siam gionti al loco del guadagno.

  1. Mr. omm. se
  2. P. perduto.
  3. Ml. intorno e; P. intorno i.
  4. Ml. e P. o ’l.
  5. P. Così del.