[St. 39-42] |
libro ii. canto vi |
109 |
Chè Rodamonte, orrenda creatura,
Fa più lui sol che tutta l’altra gente;
Egli è ne l’acqua fino alla centura,
Adosso ha dardi e sassi e foco ardente.
Ciascaduno ha di lui tanta paura,
Che non se gli avicina per nïente,
Ma, da largo cridando con gran voce,
Con lancie e frizze quanto può li noce.
Esso rassembra in mezo al mar un scoglio,
E con gran passo alla terra ne viene,
E per molta superbia e per orgoglio,
Dove è più dirupato il camin tiene.
Or, bei Segnori, io già non vi distoglio
Ch’e’ Cristïan non se adoprassen bene;
Ma non vi fo remedio a quella guerra:
Al lor dispetto lui discese in terra.1
Dietro vi viene di sua gente molta,
Che da le nave e da i legni spezzati
Mezo somersa insieme era ricolta,
A benchè molti ne erano affondati,
Chè non ne campò il terzo a questa volta;
E questi che alla terra eno arivati,
Son sbalorditi sì dalla fortuna,
Che non san s’egli è giorno, o notte bruna.
Ma tanto è forte il figlio de Ulïeno,
Che tutta la sua gente tien diffesa,
Come fu gionto asciutto nel terreno,
E comincia dapresso la contesa;
Tra’ Cristïan facea nè più, nè meno
Che faccia il foco nella paglia accesa,
Con colpi sì terribili e diversi
Che in poco d’ora ha quei pedon dispersi.2
- ↑ Mr. Allor (Al lor?). — T. distese.
- ↑ T., Ml. e Mr. omm. ha.